Difetti di pronuncia: l’Emilia Romagna
La dizione è uno strumento importantissimo, ma bisogna sapere come sfruttarla. Riuscire ad articolare in modo chiaro le parole, imparare a parlare senza intonazione regionale e conoscere la corretta pronuncia dei vocaboli della lingua italiana è possibile, ed è questione di esercizio e costanza. Per iniziare un percorso di cambiamento, è importante che tu sia consapevole del tuo punto di partenza e sviluppare consapevolezza dei tuoi errori. In questo articolo tratteremo, nello specifico, dei difetti di pronuncia tipici dell’Emilia Romagna.
Assibilazione della Z
Il tratto fondamentale che contraddistingue, dal punto di vista fonetico, l’italiano emiliano e romagnolo, anche a livelli alti, è l’assibilazione delle affricate per cui si ha assione per ‘azione’, piassa per ‘piazza’.
Indebolimento consonanti
Una caratteristica tipica dell’Emilia Romagna è la riduzione delle consonanti doppie (lunghe) prima dell’accento.
Esempio: atendo per’attendo’
Rafforzamento consonanti
Viceversa, è tipico anche il rafforzamento delle consonanti brevi dopo l’accento quindi fibbra per ‘fibra’, coppia per ‘copia’.
Sonorizzazione della Z
Pronuncia sonora della z sorda all’inizio di parole come zappa, zucchero, zio.
Caduta delle vocali finali
Tipica della regione è la caduta delle vocali finali diverse da a. Tale fenomeno ha come conseguenza l’allungamento fonetico della vocale precedente, che può diventare complessa.
Esempi: bolognese mèder (madre), dutåur (dottore), âlber (albero);
Suoni nasali
Tipica dell’Emilia Romagna è la presenza di suoni nasali (trascritti in bolognese con il segno grafico ń) come nel bolognese cuséń (cugino) o come nel mirandolese mujàm (mollica), bòn (buono) o finàl (finale).
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