Errori di Dizione: i peccati dei Romani

Per prima cosa va detto che tutti possiamo sbagliare la dizione, la giusta pronuncia e fonetica della lingua italiana. Questa mia riflessione nasce dall’attento ascolto del modo di parlare in uso a Roma.
Ormai i veri Romani – quelli DOC vantano almeno sette generazioni di antenati nati e cresciuti nell’Urbe – sono pochissimi: però il modo di parlare tipico si diffonde, senza far distinzione di cromosomi e DNA.
Il modo di parlare, lo ricordiamo, nasce dall’ascolto e dalla ripetizione esatta dei suoni. Basta che un bambino molto piccolo viva immerso in una atmosfera in cui regnano certe sonorità, per assorbirle e ripeterle. Così chi nasce nella Capitale o viene a viverci nei primi anni di vita, ragionevolmente farà suoi i suoni tipici che denotano la pronuncia a Roma, compresi i peccati – più o meno gravi – che si fanno parlando Italiano.
Vediamoli insieme, con un sorriso e tanta indulgenza, perché ricordiamo che gli errori si possono correggere e l’ignoranza non è una colpa.
La prima cosa che mi viene in mente è la “c dolce”… che spesso risulta strascicata e pronunciata come se fosse un suono “sc”. Mi sembra giusto ricordare che la “c dolce” è scomoda per tutti, ed è facile scivolare sulla pronuncia anche se non si è di Roma.
Ammettiamo pure che figlio e famiglia, nella maggior parte dei casi diventano “fijo” e “famija”. Il suono consonantico “gl” è difficile e risulta pronunciato male in parecchie regioni.
Si dice che i Romani sono pigri ma secondo me è più corretto dire che preferiscono prendersela comoda: questo è un atteggiamento che spesso ci viene rimproverato. Dimenticando però che tutta l’Umanità basa la propria evoluzione sul concetto di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. E il Romano, che non è scemo, segue la stessa idea. Quindi una doppia “r” che risulta particolarmente faticosa, viene dimezzata. La guerra e la terra perdono spesso una delle due consonanti, tanto “si capisce lo stesso”! Però va detto che il Romano è un tipo che s’infervora e si appassiona al punto tale da raddoppiare le consonanti, a volte, non sempre. Succede magari se gli capita di “aCCcellerare” o di parlare di “caraMMelle”.
L’errore che trovo più difficile da digerire è la pronuncia della zeta. I due peccati gravi da segnalare sono i seguenti:
1) In presenza di una “s” accanto a un’altra consonante, la pronuncia viene calcata tanto da diventare una zeta, come accade in borsa, insieme e ansia (borza, inzieme, anzia)
2) La “z aspra” di Enzo, danza e fidanzato viene massacrata e pronunciata erroneamente dolce: Enzo, danza e fidanzato, suoni orribili che non si possono sentire.
Quindi si evince che a Roma vengono strapazzate soprattutto le consonanti, anche se a volte in quasi tutti i dialetti italiani ci sono circa 10 parole che pronunciamo male.
Articolo a cura di Alessandra Jandolo
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